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sabato 22 febbraio 2014

Elogio della lentezza. Perché non mi piace la fretta di Renzi

Alcuni anni fa il mio professore di geografia all'Università, Giacomo Corna Pellegrini, scrisse un libro dal titolo “Gli anni della fretta”, ricordo impietoso dell'epoca ardente e impetuosa dello sviluppo economico italiano tra la metà degli ani Cinquanta e la metà dei Sessanta. Diventammo ricchi e floridi ma a un certo prezzo, dettato dalla fretta. Quell'eredità è ancora presente nelle periferie urbane delle nostre città che hanno decisamente devastato il nostro maggior patrimonio: la risorsa ambientale, monumentale e architettonica. Sono i guai della fretta, gli stessi che mi pare covare il neo governo Renzi. Matteo Renzi, ha impostato la sua svolta – impressa celermente dai corridoi di Palazzo – all'insegna della fretta: una riforma al mese, ha promesso, ed è probabilmente questo l'elemento che più lo fa piacere assieme alla giovane età e all'idiosincrasia per la giacca. Ma personalmente la fretta mi spaventa. Mi sembra frettolosa la sua squadra di governo e frettolose anche le prime dichiarazioni di qualche nuovo titolare. Ci sono solo un paio di punti che voglio sottolineare sui ministeri che mi interessano di più (tralascio dunque le polemiche su Gratteri o la scelta sulla Pubblica istruzione, un ministero dove penso si debba investire il massimo cosa che non sembra proprio nelle corde del premier visto che è stato “ceduto” a Scelta civica). Cominciamo proprio da Orlando che dall'Ambiente è passato alla Giustizia. Al suo posto è andato un commercialista che non solo non ha competenze ambientali ma nel 2010 si è persino pronunciato a favore del nucleare (ancora?!?). In un servizio di Piero Bosio (Rp al minuto 7' 30"ca) c'è un'interessante scheda su di lui. Fretta.