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giovedì 21 marzo 2024

Giovani speranze a Sihanoukville


Il mio arrivo a Sihanoukville, per un lavoro che non è l’oggetto di questo post, è coinciso con la discesa negli inferi della via dov’è situato il mio albergo. E’ una stradina di bordelli dove l’età media mi sembra – se lo è – di poco superiore alla maggiore età.

Ci son f
ile di ragazzine apollaiate su pancacci che si fanno le unghie o cuciono un vestito in attesa di clienti. La prostituzione in Cambogia non è una novità, ma qui colpisce l’insieme di sporcizia, rifiuti accumulati e cani randagi che mordono questa perpendicolare di una grande arteria di una “città cinese” dove l’elemento khmer è piuttosto defilato. Scritte cinesi, negozi cinesi, casinò cinesi, bordelli cinesi. Mi ha assalito un certo malessere che sa di impotenza. Così che mi è sembrato un raggio di sole in questo inferno a cielo aperto (la città ha una cattiva fama criminale non certo imputabile solo ai cinesi), l’incontro con Jen Hoggett, una giovane donna del Regno Unito che vive qua da diversi anni e che lavora per una piccola Ong britannica che si chiama Goodwill Cambodia. Che gestisce due centri scolastici per bambini dai due ai 14 anni.


Non penso, come certo anche Jen,  che una piccola scuola di quartiere possa salvare il mondo,né fare uscire la Cambogia dall’abisso in cui si trovano molti minorenni. Per altro i centri non hanno la minima intenzione di sostituirsi al sistema della scuola pubblica. Semmai integrarlo, offrendo un servizio di dopo scuola e refettorio a famiglie che lavorano e che altrimenti lascerebbero la prole in strada. Ma il piccolo centro di Sihanoukville  mi è rimasto dentro.

Mentre siamo d’accordo con Jen che domani andrò a vedere anche l’altra scuola (che ha in parte ereditato i pargoli di Shine Cambodia, una Ong che ha dovuto chiudere i battenti per mancanza di denaro) penso alle difficoltà che incontra una piccola associazione che dipende dal buon cuore di qualche britannico. Così che c’è una lotta per la sopravvivenza, non solo per i cambogiani poveri ma anche per chi cerca di aiutarli.

Per una volta ho lasciato da parte il cinismo che contraddistingue il nostro lavoro. Altrimenti passeremmo il tempo a piangere sulle miserie del mondo e a maledire la nostra impotenza. E ho scelto di dedicare parte delle mie giornate qui se non altro a vedere le facce di questi ragazzini (sono circa 150) e di questi maestri/e cambogiani che fanno parte dello staff di Godwill Cambodia (9 persone). Mi hanno accolto con grandi sorrisi e un saluto educato d’altro tempi che posto qui sotto. Giovani volti pieni di speranza che hanno fatto sorridere anche me. E ricordato, fuor di retorica, che la speranza è davvero l’ultima a morire. 

Anche nell’inferno di Sihanoukville.




Questa qui sotto invece è la scuola che era in capo a un'altra Ong australiana, Shine Cambodia, che - come dicevamo - ha chiuso i battenti e ora Goodwill se ne fa carico. Con fatica. "Bastano 1000 dollari al mese per pagare uno stipendio dignitoso a due insegnati e il cibo, ma - dice Jen - sono comunque tanti per noi. Stringiamo i denti ma abbiamo bisogno di una mano". Meritatissima.


(mi scuso per la formattazione del testo ma da che blogger.com lo ha cambiata è diventato tutto complicato)

lunedì 28 settembre 2020

Scuola di giornalismo Lelio Basso​ - ​ XVI edizione ​ - ​ 2020-2021

Scuola di giornalismo Lelio Basso​ - ​ XVI edizione ​ - ​ 2020-2021: “Questioni internazionali, giornalismo investigativo e reportage” 


La Fondazione Lelio e Lisli Basso Onlus presenta la sedicesima edizione del suo corso di giornalismo e comunicazione multimediale. Il corso annuale, della ​ durata di 1130 ore totali, ​ prevede 600 ore di lezioni frontali, 30 ore seminariali, 200 ore di utilizzo di spazi laboratoriali e 300 ore di tirocinio formativo presso una testata giornalistica convenzionata: ​ Agenzia Dire, Collettiva, DinamoPress, Fanpage, Gruppo GEDI, Il Fatto Quotidiano, il manifesto, Left, IRPI - Investigative Reporting Project Italy, Oxfam, Radio Vaticana, RAI Radiotelevisione italiana, Sky TG24, 9colonne agenzia giornalistica ​ e altre. La Scuola fornisce tutti gli strumenti teorici e tecnici indispensabili per il giornalismo nelle sue diverse declinazioni e gli approfondimenti culturali per interpretare il mondo contemporaneo. 

Il percorso formativo del corso è incentrato sulla inchiesta giornalistica e il reportage, con particolare attenzione all’utilizzo di tutti gli strumenti e linguaggi multimediali atti alla gestione e al racconto della notizia: scrittura, ripresa video e montaggio, fotografia, data journalism, radio e podcast, web, social media. Il corso approfondisce inoltre il tema dei diritti nelle aree del mondo di particolare rilevanza geopolitica, approfondendone gli aspetti storici, giuridici, politici e culturali. Le lezioni si terranno a partire dalla prima settimana di novembre, dal lunedì al venerdì dalle 9:30 alle 13:30, salvo diverse disposizioni organizzative Sono previsti alcuni incontri seminariali pomeridiani secondo un calendario che verrà comunicato durante il corso. Le lezioni termineranno nel mese di giugno 2021, faranno seguito le 300 ore di ​ tirocinio formativo presso sedi giornalistiche rappresentative di tutti i settori del giornalismo e della comunicazione. Saranno ammessi al tirocinio formativo gli studenti con assenze non superiori al 20%, che abbiano superato l’esame finale attestante le conoscenze acquisite. Al termine del corso verrà rilasciato un attestato di frequenza con una valutazione personale. Requisiti di ammissione​ : aver compiuto la maggiore età e il possesso del diploma di scuola media superiore.Il corso è a numero chiuso, i candidati dovranno svolgere ​ un esame di ammissione consistente nella redazione di un elaborato scritto con argomento di attualità giornalistica a partire da tracce fornite dalla commissione; un colloquio individuale con i membri della commissione su temi di attualità. In caso di effettiva necessità l’esame potrà essere svolto a distanza. Il corso partirà solo al raggiungimento di un numero minimo di allievi. 

Qualora non venga raggiunto il numero minimo di iscritti la quota d’iscrizione verrà tempestivamente restituita. Graduatoria d’esame finale: ​ la commissione esaminatrice, verificati i requisiti d'accesso, stilerà una graduatoria finale. Ai fini della valutazione espressa in centesimi concorreranno il voto della prova scritta (50%) e il voto della prova orale (50%). Il giudizio della commissione esaminatrice è insindacabile. In caso di mancata ammissione la quota d’iscrizione sarà restituita. Sede del corso: il corso si terrà presso la sede della Fondazione Basso, via Dogana Vecchia 5, Roma. La direzione si riserva la possibilità di indicare, in qualsiasi momento durante l’anno accademico, sedi di lezione diverse dalla propria e modalità di didattica alternative alle lezioni in presenza, in base a eventuali disposizioni normative inerenti alle condizioni sanitarie in corso. 

Modalità di iscrizione e costi: il costo del corso è di €. 3.400,00, da versare sul conto corrente della Fondazione Lelio e Lisli Basso, Conto BNL, IBAN IT18I0100503373000000002777, nella seguente modalità: € 100,00 per l’iscrizione, non rimborsabili in caso di rinuncia; a seguito del superamento della prova di ammissione il saldo di € 3.300,00 entro l’inizio del corso, oppure da due rate da €. 1.650,00 (la prima rata da saldare entro l'inizio del corso, la seconda a un mese dall’inizio delle lezioni). La domanda di iscrizione va redatta esclusivamente on-line su apposito modulo scaricabile dal sito www.fondazionebasso.it, allegando curriculum, documento di identità e ricevuta di pagamento della quota d'iscrizione all’esame, dal 15 luglio al 15 ottobre 2020 entro le ore 24. Il sito registrerà l’orario esatto di invio della domanda. Date: Apertura bando: 15 luglio 2020 Open Day: 15 settembre, 24 settembre 2020

Esami: la data delle prove d’esame verrà comunicata ai candidati alla chiusura del bando. Inizio lezioni : 3 novembre 2020 Termine lezioni: 30 giugno 2021 Tirocini: a partire dal 1 luglio 2021 e termine entro il 31 marzo 2022 Per ulteriori informazioni, per la descrizione dei moduli didattici e chiarimenti rivolgersi a: Fondazione Lelio e Lisli Basso, via de

domenica 5 agosto 2018

Una scuola ebraica per...musulmani


La Jewish Girls’ School di Calcutta è un istituto fondato dalla comunità di ebrei della città. Situata in uno dei quartieri tradizionali dell’islam cittadino è però aperta a tutti senza preclusioni religiose. E costa un terzo rispetto agli altri college

Alle 8 del mattino, quando ormai la grande città indiana si è risvegliata da un pezzo e il traffico comincia a diventare insopportabile, anche la piccola stradina laterale di Royd Street inizia la sua quotidiana e trafficata vita urbana in uno dei quartieri musulmani di Calcutta nel centro della terza città dell’India che conta, con i sobborghi, 15 milioni di abitanti. Royd Street e Park Street hanno una particolarità che le rende speciali. Non sono i ristoranti e i grandi alberghi affacciati sulle arterie laterali, né le luci delle vie dello shopping e nemmeno una vecchia Guest House rifugio di viaggiatori sacco-in-spalla. In questo quartiere abitato da famiglie musulmane c’è infatti una scuola ebraica. Il cartello, al numero 65 di Park Street o nella parallela Royd Street – vie che racchiudono un vasto edificio - è inequivocabile: Jewish Girls’ School. La curiosità inizia però a diventare stupore quando arrivano le prime ragazze: scendono dai risciò, dalle biciclette o dai motorini accompagnate da padri e fratelli ma assai più spesso dalle madri: tutte rigidamente velate. Alcune addirittura col niqab, il velo islamico che copre tutto il corpo, lasciando fuori solo gli occhi.

domenica 7 maggio 2017

“Peccato mortale sfruttare il lavoro ”

Il Papa incontra i giovani studenti delle “Scuole per la pace” e prende posizione sulla guerra e le sue cause. “I governanti? Solo parole. Attenti ai terroristi delle chiacchiere”

Alla fine ci sta pure una battuta: “I governi e gli impegni dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo? Non lo dico da papa ma lo dico con la grande Mina: parole, parole, parole”. La platea dell’Auditorium Paolo VI in Vaticano ride e si spella le mani. Sono soprattutto studenti, settemila, arrivati un po' da tutta Italia. Fan parte di un progetto iniziato tre anni fa dalla Tavola della pace d’intesa con il Miur e promosso dal Coordinamento degli Enti Locali per la Pace, la Rete Nazionale delle Scuole di Pace e un altra decina di sigle tra cui la Regione Friuli Venezia Giulia e i Giovani Musulmani d’Italia. I ragazzi, dalle medie al liceo, han lavorato in questi anni sul tema della guerra: informandosi, interrogandosi e anche suggerendo soluzioni. L'ultima, uscita da una media di Udine giorni fa, quella di istituire un”ora di pace” a scuola, come si fa con quella di religione.

Bergoglio, uomo attento allo spirito ma anche al corpo degli uomini, accetta di incontrarli e di rispondere alle domande di Maria, Michele, Luca, Costanza su conflitti, violenza, discriminazione. Su quest'ultimo punto cita lo scontro tra Macron e Le Pen come pessimo esempio di “non ascolto” ma la stoccata c'è anche per i Salvini di turno, anche se il papa nomi non ne fa mai: “Ci sono persone che usano le parole per discriminare e ferire: li chiamo terroristi delle chiacchiere”. Sulla guerra, dramma del mondo, l'accusa è soprattutto al traffico d'armi, arte in cui, come ci ha appena ricordato Rete Disarmo, l'Italia eccelle. E a proposito di bombe non risparmia Trump: ”Han chiamato quell'ordigno la madre di tutte le bombe. Ma una madre dona vita, quella regala morte. Ho provato vergogna”. Ma se c'è chi traffica in armi e chi traffica in droga, avverte Bergoglio, c'è chi traffica anche in esseri umani e non solo permettendo le stragi nel Mediterraneo: “C'è chi sfrutta il lavoro altrui e non solo in luoghi lontani: lo si fa qui, in Europa, in Italia. Lo si fa pagando chi lavora in nero e con assunzioni stagionali, per evitare la continuità. Questo sfruttamento è, per noi cattolici, peccato mortale”.

Nessun pontefice si era spinto così lontano, difendendo, in un certo senso, anche l'ormai sepolto articolo 18. E se Bergoglio condanna ritualmente il “Dio denaro” - come ogni papa ha sempre fatto - questa volta il monito non è solo ai mercanti nel tempio. E i diritti dei lavoratori, nel giorno in cui nella stessa città si manifesta per difenderli, diventano nelle parole di Francesco un elemento che non è avulso dal discorso sulla pace. I ragazzi sono commossi e con loro sindaci, amministratori locali e professori. 162 insegnanti gli consegnano un piccolo manuale di linee guida sull'educazione alla pace. Il Papa apprezza. I ragazzi applaudono. Fuori, un timido sole scaccia la pioggia.


A destra "Mina" Anna Maria Mazzini, cantante famosa anche in Argentina. "Parole Parole" era la  sigla finale di Teatro10 con Alberto Lupo nel 1972

Sopra: la GBU-43 Massive Ordnance Air Blast bomb (MOAB)

lunedì 19 dicembre 2016

Afghanistan, cade anche l'ultimo mito

Ricordi: un sussidiario
italiano del Dopoguerra
Vien da ridere se non ci fosse - come si dice - da piangere. Secondo il governo afgano ci sono circa sei milioni di bambini che frequentano 17.000 scuole in tutto il Paese. Per esser precisi, spiegano, un totale di nove milioni di bambini risultano iscritti ma un quarto di questi alunni solo registrati non frequentano la scuola. Eppure proprio l'istruzione di bambini e soprattutto bambine ci è stata venduta come la gran vittoria di una guerra giusta che aveva rimesso la luce al Paese  dopo l'oscurantismo talebano. Sapevamo infatti di 11 milioni di bambini andavano a scuola. Sono solo la metà: un'altra, ennesima bugia.

Il ministro della Pubblica Istruzione Assadullah Hanif Balkhi ha detto a chiare lettere che un recente studio ha scoperto che solo sei milioni di bambini afgani sono di fatto a scuola - in contrasto con gli 11 milioni che la propaganda dell'esecutivo Karzai, mai smentita dai governi amici (salvo le prime perplessità sollevate dall'istituto di controllo americano Sigar già nel 2015), ci aveva fatto credere come grande vittoria  di oltre dieci anni di guerra e ricostruzione. Balle. Eppure tutti, dalla Nato ai governi alleati, non han fatto in questi anni che dire "si, però ora si va a scuola". Non è così. O almeno è vero ma solo in parte.

Balkhi sostiene che la cifra di 11 milioni è stata fabbricata dal governo precedente e non solo per  propaganda. Anche, fan capire al ministero afgano, per intascar soldi di scuole e iscritti fantasma. Molte di quelle aperte, costruite o ricostruite, han chiuso i battenti per la guerra in diverse province. Integrity Watch Afghanistan (Iwa) - un'organizzazione della società civile afgana - ha chiesto che siano perseguiti per legge i funzionario del governo precedente che hanno rilasciato le statistiche fabbricate. Li mandassero a scuola di statistica e legalità. Con chi li ha protetti.