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domenica 6 dicembre 2020

Lettera22: un ritorno in continuita'

Diversi anni fa un mio carissimo amico pittore, Massimo Crestini (prematuramente scomparso), mi regalo' un piccolo studio a matita di una Lettera22 Olivetti da cui poi realizzo' un quadro di cui mi fece dono  e che in un certo senso regalo' a tutta  Lettera22. Lo riproduco qui assieme a una foto di Massimo (il secondo da sinistra dietro) nel periodo in cui collaborava col Gruppo italiano (dalla cui voce su wikipedia ho tratto l'immagine). Era un artista dalle molte sfaccettature Massimo, che usava il pennello  come il sax o la chitarra e che passava lunghi periodi in India per svernare e armeggiare coi colori tanto che uno dei suoi elementi ricorrenti erano delle...valige. Aveva talento e si sapeva divertire, due cose che non sempre vanno per forza d'accordo. E incarnava, direi, un po' lo spirito vagabondo, libertario e godereccio  di noi letterini che da un paio di giorni, grazie alla creatività di Matteo Micalella e all'impegno del nostro attuale direttore Giuliano Battiston, siamo tornati online con un bel sito molto elegante e senza troppi orpelli. Ecco perché voglio dedicare a Massimo il ritorno di Lettera22 sulla scena mediatica: "Diversi ma uguali" (e vagabondi), parafrasando il primo libro collettivo che scrivemmo assieme quando ancora c'erano ancora tre compagni di viaggio che abbiamo perso con gran rimpianto: Elisabetta Sirugo, Sergio Trippodo e il grande Mauro Martini. Il nostro ritorno e' dedicato anche a loro. 

Il nostro silenzio e' durato sin troppo a lungo. Non perché si sia smesso di lavorare, ma perché Lettera22 ha cambiato pelle. Era nata come un'agenzia di servizi di politica estera e come tale ha funzionato per 15 anni. Poi il mondo del giornalismo e' molto cambiato: vogliono da te i testi, le foto, magari un audio e pure un video. Mi chiedo? E un piatto di spaghetti all'arrabbiata no? La maggior parte di noi, che ha - come si dice a Roma - "una certa" (eta'), si e' un po' persa via e ha preferito fare un passo indietro. I più giovani hanno tentato (con successo) altre strade. Lettera22 degli inizi secolo (e' nata in realtà nel; 1993) non esiste più ma il gruppo e' rimasto. Il bello di quell'esperienza risiedeva nel fatto che eravamo soprattutto un gruppo di affiatati amici uniti da passione e curiosità: non c'erano (ne' ci sono) capi, capetti, gerarchie. Libertari per nascita e per scelta.

Ecco dunque che siamo tornati: non con la pretesa di rifare quello che più non si può fare ma con l'idea di mettere al servizio del pubblico la nostra competenza/esperienza, facendo rifluire nel sito di Lettera22 il meglio di quanto scriviamo, registriamo, indaghiamo, giriamo e cosi via.  Non e' un caso che quattro di noi lavorino  anche con la Scuola di giornalismo della Fondazione Basso. E non e' un caso se ci e' tornata energia nelle vene. Il mondo delle notizie ha bisogno non solo di immediatezza ma di profondità, analisi, pensiero. Insomma eccoci di nuovo. Mi faccio gli auguri e vi invito a fare altrettanto. Viva Lettera22. 





giovedì 21 giugno 2018

Afghanistan? Gialloverde signorsi

Ritiro delle truppe? Nemmeno accennato
E’ un comunicato di 5 righe quello che il ministero diretto da Enzo Moavero Milanesi ha dedicato all'incontro alla Farnesina col Chief Executive del governo afgano, Abdullah Abdullah a Roma fino a ieri per una riunione  del World Food Programme. Sommate all'apprezzamento del 17 giugno sulla tregua tra Kabul e la guerriglia per la festa di Eid el-fitr, la posizione dell’Italia sull'Afghanistan totalizza 8 righe e mezzo. Appena un quarto del messaggio che Moavero ha fatto avere alla stampa quando il 10 giugno ha incontrato a Roma il Segretario generale della Nato, Stoltenberg. In quell’occasione “Moavero ha tenuto a ricordare come l’Italia, quinto contributore al bilancio della Nato, abbia profuso un grande impegno in termini di uomini, mezzi e risorse nelle operazioni Nato”, soprattutto “in Afghanistan e in Kossovo”. Il ministro ha inoltre sottolineato “come la tendenza alla crescita” delle spese militari “si vada consolidando”.

domenica 24 dicembre 2017

Turista o viaggiatore?

Ecco, nella foto a fianco, la mirabile sintesi del dibattito che si è tenuto ieri a Esc/Livre (Roma) dove abbiamo chiacchierato di  Viaggio all'Eden con l'ottimo Giacomo Salerno, che faceva gli onori di casa, e il grande viaggiatore e amico Giuliano Battiston...

lunedì 17 ottobre 2016

Afghanistan, rimpatrio forzato: qualcuno ci pensa

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-14498
presentato da
MARCON Giulio
Venerdì 14 ottobre 2016, seduta n. 692

  MARCON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale . — Per sapere – premesso che:
recentemente l'Unione europea ha intrapreso una strada che potrebbe segnare un grave precedente e un punto di non ritorno nelle politiche migratorie: rimpatri forzati in cambio di aiuti economici. Il riferimento è al recente nuovo accordo tra Unione europea ed Afghanistan, il « Joint way forward on migration issues between Afghanistan and EU» firmato a Kabul, al Palazzo presidenziale il 2 ottobre e il suo nesso con la Conferenza internazionale sull'Afghanistan che si è chiusa il 6 ottobre, con la promessa di nuovi sussidi economici al Paese (altri 15,2 miliardi di euro);

venerdì 15 aprile 2016

La Kabul di Juliano sahib

Riproduzione tratta da Iranicaonline
"A Kabul, al mattino per prima cosa mi affaccio sulla terrazza di casa. Di fronte a me, in lontananza, ci sono le montagne dell’Hindu Kush, innevate anche in primavera, sulla rotta che punta al Nord, al passo Salang e poi alla città di Kunduz. A Ovest si va verso Mazar-e-Sharif, all’antica Balkh di Alessandro Magno, nella terra dei meloni zuccherini, fino al Turkmenistan. A Nord, a due passi c’è Dushanbe e il Tajikistan, oltre un confine trafficato. A Est ci sono le più antiche miniere di lapislazzuli al mondo e il Wakhan, la sottile lingua di terra che collega l’Afghanistan al Turkestan cinese degli uighuri oppressi da Pechino..."

Leggi tutto  il racconto sulla capitale afgana (Kabul mon amour) di Giuliano Battiston illustrato da Gio Pastori per The Towner

venerdì 12 dicembre 2014

Il reporter e la principessa

Potrebbe essere il titolo di un film o di quelle serie tv che van tanto di moda. Ma questa volta è un brutto sogno diventato realtà in un teatro di Kabul. Scampati, se Dio vuole, ci sono due vecchi amici, due persone note per il loro impegno e affetto per il Paese dell'Hindukush. Il  free lance, Giuliano Battiston, e la principessa India d'Afghanistan, la figlia di Amanullah Khan che porta quel nome perché suo padre fu esiliato in India dai barbuti e mullah di allora (oltre che un pezzo del suo clan che ne prese il posto e la corona). Sono i protagonisti di una storia raccontata in prima persona da Giuliano su il manifesto e Lettera22.

I due vanno al teatro del Centro culturale francese dove li accoglie la direttrice, Laurence Lavasseur, anche lei una vecchia conoscenza. Il teatro è all'interno di un liceo. E' un posto protetto con controlli di sicurezza come in molti altri luoghi della città. Il kamikaze però, forse non da solo, passa lo stesso col suo carico di morte. Pare fosse un ragazzino, chissà di dove. L'esplosione è forte ma non così tanto da fare molte vittime: un morto e diversi feriti battono le cronache ma poi si sa, c'è chi non passa la notte, anche se le cure precise dell'ospedale di Emergency, non lontano, danno il primo immediato soccorso e quello è il posto migliore se hai ferite da guerra. Già la guerra. Mentre le truppe si ritirano cantando vittoria ed esprimendo valutazioni positive su oltre dieci anni di occupazione militare, il Paese sprofonda in una media altissima di attentati e - mentre aumentano le vittime civili - si alza il target. Non più solo obiettivi militari e gli stranieri nel mirino.

martedì 17 dicembre 2013

COSA PENSANO GLI AFGANI DEL 2014

Quali sono le ragioni del conflitto in Afghanistan? Come risolverlo? Cosa ci si aspetta per la fase successiva alla fine della missione Isaf della Nato? E, soprattutto, cose ne pensano gli afgani? Sono queste infatti le principali domande attorno alle quali si articola l’ultima ricerca di Giuliano Battiston*: “Aspettando il 2014: la società civile afghana su pace, giustizia e riconciliazione”, presentata ieri in una sala del ministero degli Esteri.

Frutto di quasi cinque mesi di lavoro sul campo in sette diverse province afgane (Balkh, Bamiyan, Farah, Faryab, Herat, Kabul, Nangarhar), la ricerca è parte di un più ampio progetto della Rete Afgana e promosso da una serie di Ong italiane: da Arcs come capofila in partenariato con Oxfam Italia, Nexus, Aidos, Cgil e Arci, cofinanziato dalla Dgcs del ministero degli Affari Esteri. Gli argomenti discussi con i rappresentanti della società civile afghana sono quattro: 1) le cause del conflitto e le ragioni della mobilitazione antigovernativa; 2) il processo di pace e di riconciliazione con i Talebani; 3) il rapporto tra pace e giustizia; 4) le aspettative per il post-2014. Per commentali ci ritorneremo, ma intanto potete scaricare qui una sintesi del documento, a giorni disponibile integralmente in italiano e in inglese.

* giornalista e ricercatore freelance. Ha viaggiato a lungo in Afghanistan, realizzando reportage, inchieste e due ricerche accademiche: La società civile afghana: uno sguardo dall’interno, nell’ambito del primo progetto promosso dal network “Afgana” con il contributo della Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri; Le truppe straniere agli occhi degli afghani. Opinioni, percezioni e rumors a Herat, Farah e Badghis, promossa dall’Ong Intersos.
Può essere contattato all’indirizzo g.battiston@gmail.com.

lunedì 12 novembre 2012

TRIESTE'S SOUVENIR

Alla tre giorni triestina (settembre) organizzata da Monika Bulaj a margine della mostra Nur appunti afgani: da sinistra, Fabrizio Foschini (Aan), Giuliano Battiston (Afgana), Enrico De Maio (diplomatico, già ambasciatore in Pakistan), Thomas Ruttig (Aan), Emanuele Giordana (Afgana). Lo scatto è del maestro Mario Dondero