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domenica 3 marzo 2019

Imran Khan, una mossa da cricket per gestire la guerra tiepida

Questo articolo è uscito oggi
su il manifesto
La guerra vera tra India e Pakistan, per ora, forse non si farà. Ma la tensione rimane alta e il conflittodi bassa intensità, che da decenni caratterizza ormai la “guerra fredda” tra i due colossi asiatici nati dalla Partition dell’India britannica, continua. Quando nella notte tra venerdi e sabato le autorità pachistane hanno restituito il pilota indiano Abhinandan Varthaman, catturato nell’Azad Kashmir (l’area kashmira controllata da Islamabad), alle autorità indiane di frontiera, la tensione innescata dal raid di Delhi del 26 febbraio si è improvvisamente raffreddata. E il gesto di buona volontà del Pakistan sembra aver offerto una via d’uscita per interrompere l’escalation di botta e risposta che avrebbe (e ancora potrebbe) portare a un conflitto. La prudenza resta d’obbligo.

I due eserciti hanno infatti ricominciato il gioco delle artiglierie dall’una e dall’altra parte della LoC, la Linea di Controllo che divide la regione disputata dai due Paesi: quella più piccola e quasi disabitata del Pakistan, e il fertile giardino del Kashmir sotto amministrazione indiana. Islamabad lamentava ieri pomeriggio due soldati e due civili uccisi e almeno altri tre feriti. Da parte sua l’India accusava il Pakistan di cannoneggiare aree civili del Kashmir indiano da cinque giorni. Pallottole vere con esagerazioni e propaganda? Fuochi d'artificio per far vedere che non si molla? Tutte le cose assieme ma i bollettini di ieri, se possono sembrar una coda delle tensioni dei giorni scorsi o l’avanguardia di nuove, sono anche l’ordinaria amministrazione del Kashmir diviso dalla LoC. Cui vanno aggiunte manifestazioni su base settimanale contro quella che per molti kashmiri (in maggioranza musulmani) è una “occupazione” che produce vittime. Tra cui la verità.

"I due Paesi con l’arma nucleare, armati                           fino ai denti    (da americani, cinesi, israeliani,           europei) si guardano  in cagnesco dal 1947"

Se la guerra calda si allontana, e se la guerra fredda rituale torna a far rullare i suoi tamburi, chi l’ha vinta la “guerra tiepida” che ha tenuto il mondo col fiato sospeso? Due Paesi con l’arma nucleare e armati fino ai denti (da americani, cinesi, israeliani, europei) si guardano dal 1947 in cagnesco. Hanno già combattuto tre guerre (due per il Kashmir e una quando nacque il Bangladesh) e sono stati sull’orlo di una quarta qualche anno fa: mettono paura quando alzano i toni. Quando dal rimpallo diplomatico con mille forme (diplomazia del cricket, della ferrovia o degli autobus transfrontalieri) si passa alle bombe, la preoccupazione è più che motivata. Ma in realtà, sostengono molti osservatori, nessuno la guerra la voleva veramente. E se Narendra Modi – che non poteva tollerare la strage di Pulwama del 14 febbraio con 42 paramilitari indiani uccisi dai terroristi di Jaesh-e Mohamad - ha vinto la partita interna, a un pugno di giorni delle elezioni e accogliendo il pilota come un eroe simbolo della capitolazione pachistana, la guerra vera l’ha vinta Islamabad. O meglio il suo nuovo leader, quell’Imran Khan, ex giocatore di cricket, che sembrava un parvenu della politica ostaggio dei militari. E’ lui che nell’arena internazionale giganteggia. E’ lui che, consegnando il pilota, offre la via d’uscita per evitare l’escalation. E’ stato abile: l’India colpisce in territorio pachistano? Il Pakistan risponde ma solo bombardando oltre la LoC, non nell’India propriamente detta. L’India risponde mandando gli aerei? Il Pakistan risponde e abbatte ma rilascia il prigioniero. Imran Khan ha saputo tenere a freno i suoi generali assai più di Modi che ne rimane forse in parte ostaggio.
 "Imran ha spiazzato con una sorta di imprevedibile reverse swing, o oscillazione inversa, che nel cricket è l'arte di lanciare la palla giocando sulle sue oscillazioni per ingannare il battitore"
Ora si tratta di vedere come va la partita. Ma finora la partita – anche perché resta da dimostrare che l’India abbia davvero colpito i campi di addestramento dei terroristi e non solo capre e pietre - segna un punto per Modi e due per Imran. Un ex diplomatico indiano ha suggerito al corrispondente dall’India della Bbc - Soutik Biswas – che Imran ha spiazzato con una sorta di imprevedibile reverse swing, o oscillazione inversa, che nel cricket è l'arte di lanciare la palla giocando sulle sue oscillazioni per ingannare il battitore. Imran sembra averla lanciata con l’oscillazione giusta.

domenica 3 gennaio 2016

Attentato al dialogo tra India e Pakistan (aggiornato)

Pathankot, venti chilometri dal confine pachistano, venti dal confine col Kashmir. E' qui che si trova una base aerea che ospita i caccia indiani che controllano le due aree per Delhi più sensibili nel subcontinente indiano. Ed è qui che ieri all'alba, verso le 3.30 ora locale, cinque guerriglieri travestiti da soldati, forse del gruppo estremista pachistano Jaish-e-Mohammad, hanno messo a rischio il neonato dialogo tra India e Pakistan assaltando la base dell'Indian Air Force. Aver ragione di loro non è stato facile e ha richiesto più di mezza giornata. Poi, alle 7.45 di ieri sera, il ministro dell'Interno Rajnath Singh ha confermato che tutti e cinque gli assalitori erano stati uccisi. Con loro tre soldati (quattro ieri secondo la stampa pachistana che confermava anche tre vittime civili.  Stamane il bilancio sarebbe salito a sette militari indiani uccisi). Operazione conclusa (in realtà per niente: il 4 la crisi entrava nel suo terzo giorno).

Nawaz Sharif: condanna immediata
Attacchi della guerriglia prokashmira non sono inusuali in India (il JeM è un gruppo nato proprio per riunificare sotto la bandiera di Islamabad il Kashmir ora diviso tra le due nazioni) e nel luglio scorso sette uomini erano stati uccisi in un attacco simile in una stazione di polizia del vicino distretto di Gurdaspur. Ma questa volta in ballo c'era una posta ben più grossa che non una semplice azione di disturbo e non solo per l'importanza strategico militare della base. Solo qualche giorno fa, il 25 dicembre, il premier indiano Narendra Modi ha fatto una visita “a sorpresa” in Pakistan, atterrando a Lahore dopo un viaggio in Russia e in Afghanistan. Non una visita qualunque ma la prima di un premier indiano in oltre dieci anni. E Nawaz Sharif l'ha ricevuto col tappeto rosso. La visita “a sorpresa” era evidentemente preparata da tempo ma in discreto silenzio benché ci fossero stati alcuni segnali (Nawaz Sharif era stato in India per l'insediamento di Modi e recentemente è stato siglato un accordo importante che regola questioni logistiche tra i due Paesi). Ma è anche vero che, oltre alla mai risolta questione del Kashmir, i pachistani sono infastiditi dall'influenza che Delhi ha guadagnato a Kabul e da accordi con gli Stati Uniti che permettono all'India vantaggi sul piano del nucleare; gli indiani accusano il Pakistan di terrorismo di Stato e, negli ultimi tre anni, sono ricominciati gli incidenti alla frontiera: meno noti degli attentati terroristici o delle dispute sulla Loc (la linea di controllo in Kashmir tra India e Pakistan) hanno continuato a ripetersi con vittime dalle due parti, anche tra i civili. Dunque la visita ha acquistato una rilevanza quasi impensabile e forse la “sorpresa” era per evitare che i falchi dalle due parti della frontiera potessero intralciare l'ennesimo tentativo di riavvicinamento (purtroppo non il primo e al netto di almeno quattro conflitti maggiori e diversi incidenti minori tra i due Paesi che hanno spesso tirato l'acqua al mulino di una nuova guerra).

Questa volta però le reazioni immediate di Islamabad e Delhi fanno ben sperare. Nel pomeriggio di ieri – e in perfetta sintonia temporale - il Bjp, il partito di Modi, ha fatto sapere che il dialogo appena avviato non può certo essere messo in crisi da un attentato e ha anzi accusato chi nel Congresso intende politicizzare l'incidente di Pathankot. Contemporaneamente arrivava un comunicato ufficiale di Islamabad, che univa alle condoglianze per le vittime una dura condanna dell'accaduto. La preoccupazione è dunque dalle due parti ed è condivisa da chi guarda con attenzione ai rapporti tra i due colossi nucleari. Come il vice segretario di Stato americano Antony Blinken che ha confidato a The Indian Express i timori di un possibile conflitto non intenzionale ma innescato da incidenti come quello di Pathankot. La corda resta tesa ma non si è spezzata.

aggiornato alle 11 del 3/1

mercoledì 11 febbraio 2015

La rivincita di Kejri, lo schiaffo al Bjp, la sonora sconfitta del Congresso

I risultati finali della tornata elettorale per l'amministrazione del territorio della capitale sono andati assai più in là delle già rosee previsioni degli exit pool. Il responso finale delle urne di New Delhi da’ infatti una maggioranza blindata all'Aam Aadmi Party (Aap) di Arvind “Kejri” Kejriwal che, dopo un anno di amministrazione controllata, guadagna il governo della capitale. Ma la vera notizia è un altra: se è stupefacente che l'Aap abbia guadagnato la quasi totalità dei 70 seggi dell'Assemblea della capitale (67, ne aveva 28), il Bharatiya Janata Party (Bjp) – il partito nazionalista e identitario del premier Narendra Modi uscito vittorioso dalle politiche dall'anno scorso – riceve uno schiaffo elettorale che segna in modo inequivocabile una battuta d'arresto della sua affermazione nel Paese, che potrebbe avere ripercussioni su altre elezioni in altri Stati: passa da 31 a 3 seggi. Ma fa una fine ancora peggiore il Partito del Congresso (Indian National Congress) di Sonia Gandhi che, almeno a Delhi, sparisce completamente dalla scena politica (nessun seggio, ne aveva 8).

martedì 10 febbraio 2015

Valanga Kejriwal

I dati forniti dagli exit pool avevano attribuito  tra 39 e 48 seggi al partito anti corruzione (Aap), seguito con 33 dal partito di Modi (Bjp). Sbagliavano per difetto nel pimo caso, per eccesso di abbondanza nel secondo. Col 67% dei 13 milioni di aventi diritto che hanno messo la scheda nell'urna, i voti dano la capitale al partito Aam Aadmi Party (Aap) di Arvind “Kejri” Kejriwal. E se è clamoroso l'Aap abbia guadagnato la quasi totalità dei 70 seggi dell'Assemblea  passa da 31 a 3 seggi! Ma la fine peggiore la fa l'Indian National Congress che, almeno a Delhi, sparisce completamente dalla scena politica (nessun seggio). Modi ha fatto buon viso a cattivo gioco: è stato il primo a congratularsi con  Kejriwal e ha promesso il pieno sostegno del governo centrale. Attualmente però il suo partito non riesce nemmeno a essere opposizione. Per farlo occorrono almeno sette seggi e il Bjp non arriva alla metà. Si vedra'.


domenica 8 febbraio 2015

Delhi exit pools: Kejriwal ancora vittoriso. La lezione del "Grillo" indiano

Anche questa volta l'Aam Aadmi Party di Arvind Kerjwal ce l'avrebbe fatta nelle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea della capitale, il mini stato dall'Unione senza governo da un anno esatto (Kerjiwal si dimise il 14 febbraio 2014). I dati messi assieme da diverse fonti e riportati da The Hindu dicono che gli exit pools delle elezioni di sabato attribuirebbero tra 39 e 48 seggi al partito anti corruzione (Aam) sui 70 in palio, seguito dal partito del premier Narendra Modi (Bjp) che nelle scorse elezioni (2013) era invece arrivato con un ottima posizione ma non tale da permettergli di formare  il governo della città-stato. Il Congresso, già decimato nella passata tornata (ma col cui contributo Kejriwal aveva potuto avere la maggioranza e fare un governo) esce a pezzi. Altissima l-affluenza al 67%.

mercoledì 28 maggio 2014

Perché la pace conviene a India e Pakistan

Nawaz e Modi: prove di dialogo dopo 15 anni di silenzio
Era il 1999 quando l'allora leader del Bjp e primo ministro indiano Vajpayee incontrò l'allora premier pachistano Nawaz Sharif. Erano prove di distensione, iniziate con l'apertura di una linea di bus da Amritsar (India) a Lahore (Pakistan). Poi, una nuova guerra in Kashmir, un'escalation di tensione con minaccia dell'uso del nucleare, vari attentati di estremisti pachistani in India e operazioni dei servizi indiani in Pakistan raffreddarono sensibilmente i rapporti fino al 2008 quando, dopo la strage di Bombay, le relazioni tra i due Paesi vennero messe sine die nel congelatore. Il premier indiano (del Congresso) Singh, del resto, non aveva una solida maggioranza per muoversi come voleva (se mai avesse voluto) né un Pakistan con gravi problemi interni e una leadership a lungo militare fornivano il contesto adatto per iniziative di pace.

Quindici anni dopo, due leader della destra asiatica decidono che forse è l'ora di farla finita. Comincia Modi, neo premier con solidissima maggioranza alla Camera bassa di Delhi dove ha appena conquistato la maggioranza assoluta dei seggi. Invita Nawaz Sharif, riconfermato premier di Islamabad l'anno scorso, per presenziare all'inaugurazione dell'inizio del suo mandato. Nawaz decide di andare. I due si vedono e sono parole dolci. Si, i due fratellastri tornano a parlarsi. La chiave è l'economia e due trattati bilaterali fermi negli uffici che si chiamano Most Favoured Nation (Mfn) e Non-Discriminatory Market Access (Ndma). Congelati come le relazioni diplomatiche.

Entrambi hanno puntato sulla promessa di sviluppo in due Paesi dove la crisi morde e dove non tutti beneficiano dei successi riservati a una ristretta business class. Quanto vale l'interscambio tra India e Pakistan? Secondo le stime di Al Jazeera circa 2mld di dollari l'anno (1,7 per l'export indiano e e 350 mln per quello pachistano) con un'aggiunta di altri 2 miliardi in commerci del mercato informale che sfuggono al dazio. A porte aperte, il potenziale sarebbe invece tra i 9 e gli 11 (di cui 6-7 per l'India ma pur sempre 3-4 per il Pakistan), senza contare che relazioni stabili significano anche un'introito doganale sicuro. Entrambi dunque ne trarrebbero grande vantaggio e ne hanno bisogno: il Pakistan (il Paese che più insiste sul successo dell'incontro) perché la sua economia è in difficoltà, l'India perché il circolo virtuoso innescato da un balzo dell'export sarebbe un segnale rapido e facile del nuovo governo Modi. Dunque, ci siamo? Presto per dirlo. Bisogna ricordare che Modi viene da un partito ferocemente nazionalista e anti musulmano e che Nawaz Sharif può promettere ciò che vuole ma sa di non poter mantenere la promessa che cesseranno gli attacchi terroristici. Poi c'è la questione Beluci, l'Afghanistan, i rapporti coi vicini. Insomma, staremo a vedere ma almeno i primi passi vanno nella buona direzione.

lunedì 26 maggio 2014

Buone notizie dal quadrante Sud

Con un doppio gesto distensivo il premier pachstano Nawaz Sharif si è recato oggi in India, dove Narendra Modi diventa ufficialmente primo ministro dell'Unione, per presenziare all'investitura cui si è presentato con un regalo: la liberazione di 151 prigionieri indiani (pescatori e relativi pescherecci) detenuti nelle carceri pachistane. Buona volontà che riapre forse le porte a un dialogo difficile, congelatosi dopo l'attacco a Mumbai del 2008.

Da segnalare anche la visita a sorpresa (ieri sera) di Barack Obama in Afghanistan. Un presidente fiducioso che il patto bilaterale di sicurezza (Bsa) sarà formato dal futuro capo di Stato afgano. Obama non ha incontrato Karzai (che quella firma ha negato) e ala sua visita ha avuto come teatro solo la base di Bagram.

sabato 24 maggio 2014

Nawaz dice si a Modi

Mentre Islamabad ha finalmente deciso di rispondere positivamente all'invito di una visita a Delhi lunedi prossimo, nel Paese dei puri la guerra infuria.

I talebani del Pakistan (Ttp) son tornati a farsi sentire nella capitale dopo che da aprile (strage al mercato della verdura) la città era in stato di massima allerta ma rimasta scevra da attacchi terroristici. Mentre scriviamo non c'è una rivendicazione ufficiale, ma appare abbastanza chiaro che le due esplosioni di stamane nel cuore della città simbolo del potere, pur se hanno fatto poche vittime poiché sono avvenute nelle primissime ore del mattino, sono la reazione a tre giorni di intensi bombardamenti dall'aria e da terra accompagnati da operativi di terreno nel Nord Waziristan, il cui bilancio supera le ottanta vittime. Il governo chiarisce che non ci sarà tregua finché il Ttp non annuncerà un cessate il fuoco e ha puntato gli obici principalmente sulle bande di “stranieri” alleati del Ttp (soprattutto uiguri dell'East Turkestan Islamic Movement o Etim, secessionisti del Turkestan cinese che Pechino chiama Xinjiang e su cui Islamabad ha recentemente ricevuto pressioni dal potente vicino). Ma la notizia importante di oggi è un'altra.


Anche la stampa internazionale riporta con evidenza il fatto che il premier pachistano Nawaz Sharif ha accettato di partecipare all'evento che lunedi celebrerà l'insediamento di Narendra Modi a primo ministro dell'Unione. Un passo importante e distensivo (da ambe le parti).

giovedì 22 maggio 2014

In Pakistan la guerra interna continua. E con la nuova India di Modi?

Narendra Damodardas Modi
nuovo premier indiano ha invitato Nawaz
 a Delhi  per il 26 maggio
Ieri i morti sono stati più di settanta, oggi ancora non si sa. E' il secondo operativo in due giorni quello che stamane in Pakistan ha visto colpire dall'aria e da terra il Nord Waziristan nei dintorni della capitale Miranshah. Il negoziato è in stallo, i talebani pachistani litigano tra loro, il governo colpisce duro.

E' questa la situazione interna mentre sul piano internazionale, il ministero degli Esteri del Pakistan ha smentito oggi che Nawaz Sharif abbia già deciso la sua partecipazione all'incoronazione di Narendra Modi a premier dell'India. Per la prima volta, un neo premier indiano – che il 26 maggio sarà a tutti gli effetti il nuovo leader dell'Unione – ha invitato i vicini di casa. Kabul e Colombo hanno già detto si. Le Maldive ci saranno. Islamabad farà lo sgarbo?


martedì 22 aprile 2014

Dove va la politica estera pachistana

Tariq Fatemi, Special Assistant del primo ministro pachistano Nawaz Sharif, non è un consulente qualsiasi dell'ufficio del premier. Quest'uomo di settant'anni, in pensione dal ministero degli Esteri con lo status di ministro di Stato, ha una lunga carriera diplomatica alle spalle. Ha avuto incarichi di rango a Washington, Mosca, Pechino e Bruxelles, di inviato all'Onu e ai negoziati di Ginevra sull'Afghanistan. Una volta in pensione ha fatto l'analista e l'opinionista. Quando parla val la pena di ascoltarlo. La stampa pachistana racconta oggi le linee di politica estera che il Pakistan vuole seguire e che Fatemi ha incarnato in una conferenza pubblica che, al di là delle classiche enunciazioni di fratellanza universale care al linguaggio diplomatico, dice alcune cose interessanti.